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Contrordine. Salò o le 120 giornate di Sodoma
Pier Paolo Pasolini

Salò o le 120 giornate di Sodoma

21 ottobre 2025, ore 18.30

Potenza, ex Palazzo Enel / sala presidenza

ingresso libero

Cineforum
La macchina metafisica del fascismo

Pasolini parte da presupposti diversi. “Salò o le 120 giornate di Sodoma” si ispira a Sade ma trasfigura l’ambientazione nella Repubblica di Salò, ultimo baluardo del fascismo. L’opera diventa così un’allegoria crudele e senza scampo sul rapporto tra potere e corpi.
I quattro Signori che dominano il film (interpretati da Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Aldo Valletti e Umberto Quintavalle) incarnano un potere anarchico, assoluto, che si esprime attraverso la sopraffazione sessuale, la tortura, l’annientamento. La struttura in “gironi” richiama Dante ma anche l’inferno concentrazionario del Novecento, dove vittime e carnefici finiscono per confondersi in una spirale senza uscita.
Pasolini, ispirato anche dal pensiero della Scuola di Francoforte, vede nel consumismo un nuovo totalitarismo: un potere che non si impone solo con la forza, ma che plasma desideri, comportamenti e immaginari da provocare una mutazione antropologica. "Salò" mette in scena questa dimensione biopolitica, in cui i corpi non hanno più possibilità di liberazione né redenzione: non c’è memoria, non c’è futuro, ma un presente immanente e apocalittico.


La macchina metafisica del fascismo
Il portiere di notte (Liliana Cavani, 1974) e Salò o le 120 giornate di Sodoma (Pier Paolo Pasolini, 1975) sono due film che, usciti a un solo anno di distanza, hanno segnato in maniera indelebile la storia del cinema italiano e internazionale. Due opere radicali, diverse nello stile e nell’approccio, ma accomunate dal tentativo di confrontarsi con il trauma della memoria storica e con le zone oscure dell’animo umano nel rapporto con il potere. A circa 50 anni della loro comparsa ne riproponiamo la visione per lanciare uno sguardo sul presente, attraverso la loro radicalitá e “profetica” visione. 
Pur così diversi, Il portiere di notte e Salò condividono un’urgenza: interrogarsi sul legame tra violenza, potere e desiderio, e sulla difficoltà di elaborare collettivamente la memoria di eventi traumatici. Cavani sceglie la via dell’indagine psicologica, cercando le radici della violenza nei rapporti intimi e nelle pulsioni profonde dell’essere umano. Pasolini, invece, allarga lo sguardo alla società intera, denunciando come le logiche del fascismo riemergono, sotto nuove forme, nella società dei consumi, in un salto epocale in cui nessuna relazione con un passato può essere realizzato di fronte ad un mondo collassato in cui non esiste nessuna forma di redenzione. Due film scomodi, disturbanti, a tratti insostenibili, che ci costringono a guardare dove non vorremmo: nelle ombre della storia e nelle zone oscure della psiche e del potere.